mercoledì 20 febbraio 2019

Next Gigs - Lama, Hendrix & Psychedelic Sixties

 Neverending tour 2019
11 Gennaio - Birreria Woodstock, Molfetta(Ba)
19 Gennaio - Pipistrello pub, Potenza
21 Gennaio - Storie del Vecchio sud, Bari - 33giri storie di Long Playing
22 Gennaio - Half Moon Cafè, Terlizzi(Ba)
1 Febbraio - Vinyl Music Club, Lamezia(Cz)
2 Febbraio - Morrison, Sellià Marina(Cs)
9/10 - Febbraio - GarganTreffen, San Giovanni Rotondo(Fg)

22 Febbraio - Cotta39, Matera
8 Marzo - Motel Woodstock, Barletta
16 Marzo - Carpe diem Cafè, Canosa(Bt)
5 Aprile - Bar Perla Verde, Savignano sul Panaro(Mo)
12 Aprile - The Brazen Head, Fragagnano(Ta)
13 Aprile - Race Cafè, Corato(Ba) 
20 Aprile - Al Vinile - San Severo
26 Aprile - Santo Graal, Trani #BoysfromSeattle


giovedì 14 febbraio 2019

Intervista su Rock Hard Italy di Dicembre a cura di Michele Martini

























Nati nel 2006 come tribute band della Jimi Hendrix Experience, i pugliesi Rainbow Bridge si sono progressivamente orientati verso la composizione di pezzi originali. Il risultato più recente di questa evoluzione è l'album Lama, appena pubblicato. E' il batterista Paolo Ormas a parlarci della nuova uscita.

Quali sono le differenze maggiori rispetto all'album precedente?
Se da un lato volevamo conservare l’approccio diretto di “Dirty Sunday” – che era praticamente una jam in studio – intendevamo dall'altra parte strutturare un po’ più i brani con l'inserimento di linee vocali e facendo leva su un'impostazione leggermente più studiata.
Che tipo di riscontri ha ricevuto “Dirty Sunday”?
I riscontri sono andati oltre ogni aspettativa perché per noi doveva essere poco più di uno scherzo: una fiacca domenica di ottobre del 2016 abbiamo chiamato lo studio e siamo andati a jammare per registrare quello che veniva fuori. I cinque brani sono quasi tutti nati e registrati alla prima o seconda take e non ci aspettavamo che qualcuno apprezzasse davvero quello che avevamo realizzato. Abbiamo messo il tutto su Bandcamp prima di stampare le copie fisiche del Cd e sorprendentemente ha cominciato a vendere, le recensioni ne parlavano benissimo e adesso il nostro termine di riferimento per ogni cosa che faremo in futuro.
A cosa vi siete ispirati, dal punto di vista dei contenuti?
La collaborazione fra noi tre è stata totale, avevamo tutti degli appunti e testi messi da parte, che non aspettavano altro che diventare brani a tutti gli effetti. Il compito di strutturarli è stato affidato a Jimi (Giuseppe Piazzolla, voce e chitarra) che li ha elaborati ed adattati alle musiche che andavamo a comporre man mano. Per lo più si tratta di frammenti di vita, emozioni o esperienze vissute.
Considerando la varietà di influenze che contribuiscono a formare il vostro sound, come si sviluppa la fase compositiva? Jam continue, nei soundcheck, nei ritagli di tempo o come intro o outro di qualche classicone che stiamo suonando live. Cerchiamo quando possibile di registrarli in malo modo per poi provare a risuonarli successivamente.
Quando e come è nato l’amore per un certo tipo di sonorità legate allo stoner ed al desert rock?Lo stoner e il desert rock o come vogliamo chiamarlo è un rock genuino e senza troppi orpelli , suonato con il cuore e il sudore come dovrebbe essere, ma con una mentalità aperta a influenze tra le più disparate ed un attitudine e un groove coinvolgenti. E’ questo quello che ci piace.

La recensione di Lama sul numero di Novembre di Rock Hard



Ancora Rainbow Bridge, con un lavoro che ancora più della precedente prova in studio(li avevamo già incontrati in occasione della pubblicazione di Dirty Sunday del 2017)  riesce a mettere a fuoco con grande personalità e perizia tecnica un'originale comnistione tra rock vintage, stoner e psichedelia. Gli equilibri interni al gruppo sono un meccanismo ben collaudato ed il trio riesce a dar vita, attraverso i sei capitoli di Lama, ad un universo di note che trasuda energia e passione. Il sound è avvolgente e, nonostante i paradigmi stilistici rimangano coerentemente quelli appena citati, gli scenari tratteggiati si rivelano essere assai variegati: la band spazia da ritmate cavalcate a momenti di grande intensità come nel caso di Day After Day, attestandosi in ogni caso su livelli qualitativi estremamente elevati. Pathos e trasporto emotivo sono gli elementi in grado di fare la differenza; nonostante si abbia la sensazione di trovarsi al cospetto di una jam session particolarmente dilatata(lo si legga come un complimento), la passione che muove i tre musicisti pugliesi emerge con grande decisione e carattere. Un ritorno tutto da gustare!

Lama - rassegna stampa

Metal It - www.metal.it
Dallo strumentale “Lama” in avanti, veniamo avvolti da una forma rock narcotica, stordente, vibrante, capace di integrare solide strutture hard (“The storm is over", Words”) a deliri jammistici di alta qualità che sconfinano nello space-rock (la bellissima “No more I’ll be back”), costantemente esaltate da un tocco di malinconia che pervade l’intero lavoro e gli dona quel mood di magico incanto che tanto piace agli amanti del genere.Certamente questo è un lavoro prevalentemente consigliato agli psyconauti del rock, ma anche la dimostrazione che noi italiani possiamo essere pienamente all’altezza delle formazioni estere in qualsiasi filone del panorama rock mondiale.
Bonculture.it
In un panorama musicale che talvolta dà l’impressione di essere saturo e allo stesso tempo “vuoto” chi fa della musica forte emerge e riesce anche a farsi sentire.
Rock e blues nelle forme più pure e malate, psichedeliche, procedono insieme in ogni traccia dell’album, si alternano, si intrecciano e si amalgamano energicamente, diventando indistinguibili..si viene catapultati immediatamente nel tipico scenario dell’America del sud degli anni ’60, arido e soleggiato, caldo, con l’aria rarefatta che si muove solo se corri con la capote dell’auto tutta abbassata.

Music on TNT
Poco dopo un anno trascorso dal precedente lavoro, il trio stoner torna con sei tracce ricche di visionari colori espressivi, in cui i rimandi “sabatthiani” incontrano estensioni evocative ( Lama), per poi invitarci, passo dopo passo, verso un blues sporco, grezzo e granulare, immerso in distorsioni, minimalismi e ritratti sonori piacevolmente vintage.

Rockit.it
Chitarra e voce, basso elettrico e batteria per sei brani con intensità e durata totali pari a un qualsiasi altro album più ricco di tracce. È un'ottima colonna sonora per un viaggio on the road, un toccasana per gli amanti del genere. Ci si augura che la Cadillac pugliese continui a portare alta nel mondo la bandiera italiana del rock attraverso il “ponte arcobaleno”.

"... una abbuffata fuzzalicius come nei migliori party del 1969...
Rispetto al predecessore “Dirty Sunday”, del tutto strumentale, qui abbiamo quattro pezzi cantati su sei, anche se, per essere onesti, le liriche assumono il carattere accessorio, dato che la prima dama su cui concentrare le attenzioni è proprio la chitarra di JimiRay...
Spunta anche un’attitudine epica in “Day After Day” anche se il segno autografo della band lo riconosciamo meglio in “Lama” e “Spit Jam”, cavalcate immortali e immorali. “Words” è una piccola sorpresa di proto heavy metal con un tiro alla Steppenwolf mentre ”No More I’ll Be Back”, finale da dodici minuti, è una gemma southern rovente come un piatto di chilaquiles messicane.
Inscritti nel solco della tradizione della musica immortale, i Rainbow Bridge non deludono..."

Reverendo Lys
"...il terzetto pugliese si muove da un lato avvicinando le schiene alle rocce stoner e dall’altra nuotando a bracciate piene dentro un increspato mare di deliziosa e liquida placenta hard-psych, come nella veramente notevole traccia finale, lunghissima ma mai arrendevole alla noia, premonitrice di prelibatezze che con pochissimi aggiustamenti frutteranno in maniera copiosa"

Più o meno Pop.
Con un organico essenziale i Rainbow Bridge riescono nella non facile impresa di sfornare, a meno di un anno dall’uscita del CD d’esordio del gruppo, sei nuovi pezzi, e contemporaneamente ad essere autori credibilissimi ed esecutori sapienti di una musica di estrazione anglosassone che molti musicisti italiani non hanno nel DNA.

Distorsioni
A un anno dall’esordio discografico con “Dirty Sunday”, il trio barlettano Rainbow Bridge torna sulle scene con “Lama”, lavoro anticipato dal precedente EP “Words”. Si tratta di un lavoro concettualmente diverso dal precedente, pur ricalcandone lo stile e l’intenzione: lì dove “Dirty Sunday” altro non era che una sessione d’improvvisazione con il tasto “rec” abbassato, questo nuovo episodio sembra più strutturato e organico. Il fil rouge che tiene legato tutto il disco è sempre quel blues-rock di chiarissima matrice hendrixiana, con altrettanto evidenti e pregevoli riferimenti al desert-rock e all’hard rock. Un ottimo disco, che conferma la crescita di questa ispiratissima band pugliese.

Indiepercui!
Disinteressati delle mode i Rainbow bridge intavolano sul palcoscenico della vita un disco prorompente di energia viscerale direttamente proveniente dagli anni ’60 dove la chitarra deflagrante di Hendrix incontra poi le decadi musicali successive tra Led Zeppelin e discostanti provocazioni di un rock che sembra non conoscere punti di rottura. Tuffarsi quindi in un’altra epoca dove la potenza sonora non è lasciata al caso è l’obiettivo importante e costruttivo di questa creatura Lama che convince sin da subito, tra ambientazioni desert e accenni ad uno stoner che è quasi psichedelia. Sei pezzi studiati a tavolino, si inizia con la title track per finire con l’essenziale No More I’ll be back per riscoprire dichiarazioni d’intenti nei confronti di una musica che fa dello sporco blues sudato un punto d’attracco, un punto d’ancoraggio nel porto delle distorsioni moderne.


Paranoid Park.
I Rainbow Bridge ci portano nel bel mezzo dell’America del Sud, dove modernità ed antiche credenze si mescolano tra loro; dove il voodoo incontra il gospel, il blues, il rock; dove, in un incrocio fuori mano, Robert Johnson stringe il suo patto con Mefistotele in persona. Musica nata sui fiumi, destinata a scorrere ed andare lontano.
Rock Hard Italy
Ancora Rainbow Bridge, con un lavoro che ancora più della precedente prova in studio riesce a mettere a fuoco con grande personalità e perizia tecnica un'originale comnistione tra rock vintage, stoner e psichedelia. Gli equilibri interni al gruppo sono un meccanismo ben collaudato ed il trio riesce a dar vita, attraverso i sei capitoli di Lama, ad un universo di note che trasuda energia e passione. Un ritorno tutto da gustare!
Radiocoop
I riff di chitarra rimangono hendrixiani pur abbracciando un mondo più duro, distorto e acido, tra Blue Cheer, cavalcate stoner (un tocco di Kyuss), graffi grunge, echi Zeppelin. Suonano bene, convinti, possenti, i brani sono maturi e bene arrangiati. Esordio con il botto !
"LAMA", supone el primer larga duración de la formación italiana RAINBOW BRIDGE, después de haber lanzado un EP con material propio. Previamente existen publicaciones en las que la banda ejecuta versiones de su admirado JIMI HENDRIX. El nombre de la banda no parece ser casual. Esta devoción por el músico de Seattle queda patente en el presente disco. Curioso que hoy cuando se cumple el aniversario de su muerte, se edita este trabajo. 

MetalEyes IYE.
Secondo ottimo lavoro per i Rainbow Bridge, band che all'hard rock di matrice settantiana aggiunge blues e stoner, creando un sound avvolgente e psichedelico. 8,2/10

Ripercorrendo una strada simile a quella degli ultimi Earthless (band con la quale ci sono diversi punti di contatto), i barlettani hanno deciso di inserire corpose parti vocali nella propria produzione... 78/100

Tuttorock 
Rispetto ai lavori passati siamo di fronte ad un ulteriore passo avanti sotto il profilo della compattezza del suono e linearità della proposta musicale, l’aspetto più efficace è che si ascolta un disco che ti riporta on stage, pare di essere ad un live per la freschezza della proposta....tutto il disco si mantiene su livelli altissimi, da ascoltare ad alto volume. 
9/10