giovedì 14 febbraio 2019

Lama - rassegna stampa

Metal It - www.metal.it
Dallo strumentale “Lama” in avanti, veniamo avvolti da una forma rock narcotica, stordente, vibrante, capace di integrare solide strutture hard (“The storm is over", Words”) a deliri jammistici di alta qualità che sconfinano nello space-rock (la bellissima “No more I’ll be back”), costantemente esaltate da un tocco di malinconia che pervade l’intero lavoro e gli dona quel mood di magico incanto che tanto piace agli amanti del genere.Certamente questo è un lavoro prevalentemente consigliato agli psyconauti del rock, ma anche la dimostrazione che noi italiani possiamo essere pienamente all’altezza delle formazioni estere in qualsiasi filone del panorama rock mondiale.
Bonculture.it
In un panorama musicale che talvolta dà l’impressione di essere saturo e allo stesso tempo “vuoto” chi fa della musica forte emerge e riesce anche a farsi sentire.
Rock e blues nelle forme più pure e malate, psichedeliche, procedono insieme in ogni traccia dell’album, si alternano, si intrecciano e si amalgamano energicamente, diventando indistinguibili..si viene catapultati immediatamente nel tipico scenario dell’America del sud degli anni ’60, arido e soleggiato, caldo, con l’aria rarefatta che si muove solo se corri con la capote dell’auto tutta abbassata.

Music on TNT
Poco dopo un anno trascorso dal precedente lavoro, il trio stoner torna con sei tracce ricche di visionari colori espressivi, in cui i rimandi “sabatthiani” incontrano estensioni evocative ( Lama), per poi invitarci, passo dopo passo, verso un blues sporco, grezzo e granulare, immerso in distorsioni, minimalismi e ritratti sonori piacevolmente vintage.

Rockit.it
Chitarra e voce, basso elettrico e batteria per sei brani con intensità e durata totali pari a un qualsiasi altro album più ricco di tracce. È un'ottima colonna sonora per un viaggio on the road, un toccasana per gli amanti del genere. Ci si augura che la Cadillac pugliese continui a portare alta nel mondo la bandiera italiana del rock attraverso il “ponte arcobaleno”.

"... una abbuffata fuzzalicius come nei migliori party del 1969...
Rispetto al predecessore “Dirty Sunday”, del tutto strumentale, qui abbiamo quattro pezzi cantati su sei, anche se, per essere onesti, le liriche assumono il carattere accessorio, dato che la prima dama su cui concentrare le attenzioni è proprio la chitarra di JimiRay...
Spunta anche un’attitudine epica in “Day After Day” anche se il segno autografo della band lo riconosciamo meglio in “Lama” e “Spit Jam”, cavalcate immortali e immorali. “Words” è una piccola sorpresa di proto heavy metal con un tiro alla Steppenwolf mentre ”No More I’ll Be Back”, finale da dodici minuti, è una gemma southern rovente come un piatto di chilaquiles messicane.
Inscritti nel solco della tradizione della musica immortale, i Rainbow Bridge non deludono..."

Reverendo Lys
"...il terzetto pugliese si muove da un lato avvicinando le schiene alle rocce stoner e dall’altra nuotando a bracciate piene dentro un increspato mare di deliziosa e liquida placenta hard-psych, come nella veramente notevole traccia finale, lunghissima ma mai arrendevole alla noia, premonitrice di prelibatezze che con pochissimi aggiustamenti frutteranno in maniera copiosa"

Più o meno Pop.
Con un organico essenziale i Rainbow Bridge riescono nella non facile impresa di sfornare, a meno di un anno dall’uscita del CD d’esordio del gruppo, sei nuovi pezzi, e contemporaneamente ad essere autori credibilissimi ed esecutori sapienti di una musica di estrazione anglosassone che molti musicisti italiani non hanno nel DNA.

Distorsioni
A un anno dall’esordio discografico con “Dirty Sunday”, il trio barlettano Rainbow Bridge torna sulle scene con “Lama”, lavoro anticipato dal precedente EP “Words”. Si tratta di un lavoro concettualmente diverso dal precedente, pur ricalcandone lo stile e l’intenzione: lì dove “Dirty Sunday” altro non era che una sessione d’improvvisazione con il tasto “rec” abbassato, questo nuovo episodio sembra più strutturato e organico. Il fil rouge che tiene legato tutto il disco è sempre quel blues-rock di chiarissima matrice hendrixiana, con altrettanto evidenti e pregevoli riferimenti al desert-rock e all’hard rock. Un ottimo disco, che conferma la crescita di questa ispiratissima band pugliese.

Indiepercui!
Disinteressati delle mode i Rainbow bridge intavolano sul palcoscenico della vita un disco prorompente di energia viscerale direttamente proveniente dagli anni ’60 dove la chitarra deflagrante di Hendrix incontra poi le decadi musicali successive tra Led Zeppelin e discostanti provocazioni di un rock che sembra non conoscere punti di rottura. Tuffarsi quindi in un’altra epoca dove la potenza sonora non è lasciata al caso è l’obiettivo importante e costruttivo di questa creatura Lama che convince sin da subito, tra ambientazioni desert e accenni ad uno stoner che è quasi psichedelia. Sei pezzi studiati a tavolino, si inizia con la title track per finire con l’essenziale No More I’ll be back per riscoprire dichiarazioni d’intenti nei confronti di una musica che fa dello sporco blues sudato un punto d’attracco, un punto d’ancoraggio nel porto delle distorsioni moderne.


Paranoid Park.
I Rainbow Bridge ci portano nel bel mezzo dell’America del Sud, dove modernità ed antiche credenze si mescolano tra loro; dove il voodoo incontra il gospel, il blues, il rock; dove, in un incrocio fuori mano, Robert Johnson stringe il suo patto con Mefistotele in persona. Musica nata sui fiumi, destinata a scorrere ed andare lontano.
Rock Hard Italy
Ancora Rainbow Bridge, con un lavoro che ancora più della precedente prova in studio riesce a mettere a fuoco con grande personalità e perizia tecnica un'originale comnistione tra rock vintage, stoner e psichedelia. Gli equilibri interni al gruppo sono un meccanismo ben collaudato ed il trio riesce a dar vita, attraverso i sei capitoli di Lama, ad un universo di note che trasuda energia e passione. Un ritorno tutto da gustare!
Radiocoop
I riff di chitarra rimangono hendrixiani pur abbracciando un mondo più duro, distorto e acido, tra Blue Cheer, cavalcate stoner (un tocco di Kyuss), graffi grunge, echi Zeppelin. Suonano bene, convinti, possenti, i brani sono maturi e bene arrangiati. Esordio con il botto !
"LAMA", supone el primer larga duración de la formación italiana RAINBOW BRIDGE, después de haber lanzado un EP con material propio. Previamente existen publicaciones en las que la banda ejecuta versiones de su admirado JIMI HENDRIX. El nombre de la banda no parece ser casual. Esta devoción por el músico de Seattle queda patente en el presente disco. Curioso que hoy cuando se cumple el aniversario de su muerte, se edita este trabajo. 

MetalEyes IYE.
Secondo ottimo lavoro per i Rainbow Bridge, band che all'hard rock di matrice settantiana aggiunge blues e stoner, creando un sound avvolgente e psichedelico. 8,2/10

Ripercorrendo una strada simile a quella degli ultimi Earthless (band con la quale ci sono diversi punti di contatto), i barlettani hanno deciso di inserire corpose parti vocali nella propria produzione... 78/100

Tuttorock 
Rispetto ai lavori passati siamo di fronte ad un ulteriore passo avanti sotto il profilo della compattezza del suono e linearità della proposta musicale, l’aspetto più efficace è che si ascolta un disco che ti riporta on stage, pare di essere ad un live per la freschezza della proposta....tutto il disco si mantiene su livelli altissimi, da ascoltare ad alto volume. 
9/10 

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